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AUGURI
SCOMODI
Carissimi,
non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon
Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio
infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri
innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi
lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga
al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una
vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda
di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera,
di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia
sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno,
finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato,
a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta
che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita,
il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del
prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria che trova solo nello sterco degli animali la culla
dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi
costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento
di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza
ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura,
l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza
croce di una vita soppressa.
Giuseppe che nell’affronto di mille porte chiuse è
il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie
dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate,
provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie,
fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza
di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro
figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra
alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere
che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante
del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie,
si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza
la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio
della fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano
nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza,
vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una
gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono
tranquillanti inutili.
I pastori che vegliano nella notte “facendo la guardia
al gregge” e scrutano l’aurora vi diano il senso
della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono
in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che
è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la
speranza.
+ Tonino Bello, vescovo
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